Rinuncia all’azione di riduzione da parte di un legittimario e sue conseguenze [Luglio 2012]

IL CASO. Tizio, vedovo, ha un’unica figlia Caia, nubile, la quale è in pessimi rapporti con il padre perché non sopporta la sua giovane compagna Sempronia. Visti i dissapori con la figlia, Tizio fa testamento ed istituisce erede universale di tutto il suo patrimonio la convivente Sempronia. Tizio muore pochi mesi dopo il testamento e Caia, ancor più risentita nei confronti del padre, decide orgogliosamente di accettare il testamento e quindi rinuncia ad agire giudizialmente nei confronti dell’estranea Sempronia per la reintegrazione della propria quota di legittima. Il padre di Tizio, Tobia, venuto a sapere della rinuncia della nipote Caia, si rivolge ad un avvocato per rivendicare la propria quota di legittima nei confronti di Sempronia.

SPIEGAZIONE. I soggetti ai quali è riservata dalla legge una quota del patrimonio del defunto (legittimari) sono il coniuge, i figli del defunto (e loro discendenti), ed in assenza di figli e discendenti, anche gli ascendenti di quest’ultimo (nonni, bisnonni, ecc.). La quota riservata a tali soggetti viene detta “legittima”, mentre la quota di cui il defunto può liberamente disporre è denominata “disponibile”. Nel caso in cui il defunto lasci un unico figlio (come nel caso di specie) la quota di legittima è pari a metà del patrimonio e la quota disponibile è pari all’altra metà. Nel caso invece il defunto, privo di coniuge e di figli, lasci un unico ascendente, la quota di legittima spettante a quest’ultimo è pari ad 1/3 del patrimonio. La presenza di figli od anche di un solo figlio esclude gli ascendenti, i quali pertanto non possono mai concorrere con i figli del defunto. Il testamento che abbia leso la quota di legittima è valido ed efficace ma il legittimario leso può agire in giudizio per ottenere la reintegrazione della propria quota di legittima (cosiddetta azione di riduzione) nei confronti di colui al quale è stata assegnata una quota eccedente la disponibile. Tornando al nostro caso, il testamento di Tizio ha certamente leso la quota di legittima di Caia, pari ad ½ del patrimonio, perché all’estranea Sempronia è stato assegnato il 100% del patrimonio del defunto anziché la quota disponibile. Ma Caia ha rinunciato all’azione di riduzione e quindi ha rinunciato alla propria quota di legittima. A questo punto ci si chiede: la rinuncia di Caia può essere parificata alla sua inesistenza? In altri termini, si può dire che Caia, a seguito della rinuncia, è come se non fosse mai esistita? Se la risposta fosse positiva, in assenza di Caia, il nonno Tobia potrebbe rivendicare la propria quota di legittima (1/3) nei confronti di Sempronia; se invece la risposta fosse negativa, Caia, sebbene rinunciante, si dovrebbe considerare pur sempre esistente alla morte di Tizio e la sua presenza in quanto figlia escluderebbe il nonno Tobia come legittimario. In questo caso la quota che sarebbe spettata a Caia andrà ad ampliare la quota disponibile che passerà dal 50% al 100% del patrimonio del defunto. Sino all’aprile 2006 la prevalente giurisprudenza dava risposta positiva al quesito. Nell’aprile 2006 sono intervenute due decisioni della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite che hanno invece dato risposta negativa al quesito.

SOLUZIONE. Nonostante la rinuncia di Caia, la presenza di quest’ultima esclude il legittimario nonno Tobia, che nulla potrà pertanto rivendicare. La quota della rinunciante Caia andrà ad ampliare quella di Sempronia, che potrà quindi trattenere l’intero patrimonio del defunto.

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